L'11 gennaio 1999 moriva a Milano il cantautore genovese Fabrizio De Andrè.
In questo fine settimana sono moltissime le iniziative sulla sua musica ormai considerata poesia: da nord a sud concerti, spettacoli, letture.
Questa è la prima parte di uno dei suoi ultimi concerti, al Teatro Brancaccio di Roma nel 1998: sul palco ci sono anche il figlio Christian, bravissimo musicista, e la figlia Luvi nel coro.
Fabrizio De Andrè (Genova, 18 febbraio 1940 – Milano, 11 gennaio 1999) è stato un personaggio che ha saputo dar voce a chi non ne aveva, la sua musica è indefinibile, unica nel suo genere.
Abbandonati gli studi di legge a pochi esami dalla laurea, folgorato dalla musica, De Andrè si appassiona prima ai cantautori francesi, quali Brassens e Prévert, di cui traduce alcuni testi, e poi al jazz.
Inizia quindi a suonare la chitarra in diversi locali del centro storico e ad intessere amicizie con le persone più svariate tra i caruggi genovesi. Conosce Tenco - per cui scrive Preghiera - Bindi e Paoli.
Fabrizio De Andrè ha scritto canzoni immortali dedicate alle persone che vivono ai margini della società, come Il cantico dei drogati, Via del campo o Boccadirosa.
Del 1961 è la sua prima pubblicazione: un 45 giri che contiene E fu la notte.
La musica è la vita per Faber, e lui ci si immerge: da perfezionista si dedica sempre più alla ricerca delle parole, all'indagine musicale, cercando in tradizioni e culture diverse i ritmi adatti ai suoi testi, poetici e al contempo accessibili a tutti.
Sono questi gli anni di Tutti morimmo a stento e di Nuvole barocche. Ma questa è solo una tappa: negli anni successivi usciranno Non al denaro, non all'amore né al cielo, Storia di un impiegato e Rimini.
I testi si fanno più profondi e impegnati, mentre l'artista continua il suo percorso artistico di ricerca. Con Crêuza de mä testi e musica arrivano a uno splendido equilibrio e il dialetto genovese si fa poesia.
Ma De André non è stato solo un musicista: era un amante delle cose semplici, della natura, era un anarchico, un pensatore, un idealista, un osservatore del mondo.
E forse è proprio un ritratto sfaccettato di Faber quello che si può leggere nel suo ultimo lavoro, composto con l'amico Ivano Fossati, Anime Salve. Lo sguardo su un mondo fragile e complicato che bandisce gli invisibili, quegli stessi personaggi senza nome a cui invece il poeta ha saputo e voluto dare voce.
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