Un TUFFO a … FIRENZE
“La Battaglia di Anghiari”, la pittura perduta
di Leonardo
Nel
Palazzo Vecchio, sotto un affresco
di Vasari, spunta il "nero" di Leonardo da Vinci. Ne sono convinti i
ricercatori che, sostenuti dal National
Geographic, lavorano da alcune settimane nel Salone dei Cinquecento per ritrovare resti della famosa Battaglia
di Anghiari.
Sembra che la Battaglia
di Anghiari fosse una pittura murale di Leonardo da Vinci, databile al 1503 e già situata appunto nel
Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze.
A causa
dell'inadeguatezza della tecnica il dipinto venne lasciato incompiuto; circa
sessant'anni dopo la decorazione del salone venne rifatta da Giorgio Vasari, non si sa bene se
distruggendo i frammenti leonardiani o nascondendoli sotto un nuovo intonaco o
una nuova parete.
Ma il mistero sembra
ora risolto: Maurizio Seracini, l’ingegnere italiano che
conduce la ricerca sulla Battaglia
di Anghiari, ha annunciato i primi risultati di una serie di
indagini svoltesi con l’aiuto della tecnologia: l’analisi dimostra che le
vernici rosse, nere e beige trovate sono in linea con quella che
Leonardo ha utilizzato per i suoi affreschi.
Il
risultato più sorprendente, ha spiegato l'ingegnere, è dato dal pigmento
nero che, a causa della sua composizione chimica, può essere ricondotto alla Gioconda di Leonardo.
"La
cosa particolare è che in questo nero il rapporto tra manganese e ferro è
invertito rispetto al solito. Questo rapporto anomalo è stato di recente
trovato, in analoga concentrazione e in analogo rapporto, nelle velature brune
dei dipinti della Monna Lisa e del San Giovanni Battista, da parte del
Louvre, in una pubblicazione molto recente. Questo nero - ha concluso Seracini
- è piuttosto anomalo o piuttosto specifico di
Leonardo".
Altre
tre prove a supporto dell'ipotesi che vi siano resti della Battaglia di Anghiari, sarebbero forniti da tracce di lacca
rossa, uno strato beige, dipinto a pennello, e l'esistenza di un vuoto dietro
la parete dipinta da Vasari. Per questo, il sindaco di Firenze,
Matteo Renzi, comunica di voler trovare un
accordo col ministro della Cultura per il prosieguo delle ricerche.
Leonardo quindi, dopo molti studi e
tentativi, mise in opera il suo dipinto, ma come nel caso dell'Ultima Cena (che si trova a Milano) anche questa scelta tecnica si
rivelò drammaticamente inadatta quando era ormai troppo tardi.
Nei suoi stessi manoscritti Leonardo
racconta che fece preparare due enormi pentoloni carichi di legna che ardeva, per
generare una temperatura altissima che avrebbe dovuto essiccare la superficie
dipinta ma la vastità dell'opera non permise di raggiungere una temperatura
sufficiente a far essiccare i colori, che colarono sull'intonaco, tendendo
inoltre ad affievolirsi, se non a scomparire del tutto. Nel dicembre 1503
l'artista interruppe così il trasferimento del dipinto dal cartone alla parete,
frustrato dall'insuccesso.
In realtà però , nonostante il
disastro, l'opera era stata in gran parte completata, infatti Leonardo ci aveva
lavorato per ben un anno con sei assistenti. Malgrado i danni nella parte alta,
quindi, questa Battaglia di Anghiari rimase esposta a Palazzo Vecchio
per diversi anni; molti la videro. Alcuni la riprodussero. Rubens ad esempio interpretò la parte centrale utilizzando però una
copia o forse dal cartone (sicuramente non dai resti del dipinto,essendo nato
nel 1577 , quando la profonda ristrutturazione di Giorgio Vasari era già stata
messa in opera).
Il dipinto di Rubens offre un'idea
abbastanza chiara di come fosse l'affresco di Leonardo.
Il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, che allora era la Sala del Maggior Consiglio della Repubblica
di Firenze, è la più grande sala per la gestione del potere mai realizzata
in Italia. Oggi è lunga 54 metri e alta 18, ma ai tempi di Leonardo era molto
diversa: era più spartana e meno decorata. Fu il Vasari a trasformarla su
richiesta di Cosimo I de’ Medici,
innalzando ad esempio di ben 7 metri il soffitto che fu dorato e decorato a
cassettoni.
Tutte queste modifiche potrebbero
aver distrutto il capolavoro di Leonardo, ma è anche vero che il Vasari aveva
una grande ammirazione per Leonardo e che probabilmente non avrebbe osato
distruggere una sua opera: è quindi logico supporre che Vasari abbia tentato,
in tutti i modi, di mantenere il dipinto, forse ricoprendolo.
Un particolare ha acceso diverse
fantasie: sull'affresco del Vasari dedicato alla Vittoria di Cosimo I a
Marciano in val di Chiana, nello stesso salone fra le molte bandiere verdi
dipinte ve n'è una che reca una scritta in bianco «CERCA TROVA». La scritta, che è difficilmente leggibile da un
osservatore perché si trova molto in alto e stranamente non segue le pieghe
della bandiera, è contemporanea al dipinto, e ciò fa presupporre che sia stata
apposta dallo stesso Vasari, come indizio per metterci alla ricerca del lavoro
del suo illustre collega.
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