Ecco un altro brano tratto da Amarcord (1973), il film di Federico Fellini in cui il regista ricorda la sua adolescenza a Rimini.
In queste scene assistiamo agli episodi più comici della vita a scuola.
La notorietà di questo film è tale che lo stesso titolo "Amarcord" (derivante dall'espressione in dialetto romagnolo "a m'arcord", ossia "io mi ricordo") è diventato un neologismo della lingua italiana, con il significato di "rievocazione in chiave nostalgica”.
La vicenda è ambientata dall'inizio della primavera del 1932 all'inizio della primavera del 1933 (riferimento certo visto la corsa della VII edizione della Mille Miglia), in una Rimini onirica ricostruita a Cinecittà, come la ricordava Fellini in sogno.
Narra la vita nell'antico borgo (e' borg, cioè il quartiere di San Giuliano), presentando una galleria di “particolari” personaggi: i signori nobili di città e i poveri muratori, il suonatore cieco, la donna procace ma un po' attempata alla ricerca di un marito, il venditore ambulante, il matto, l'avvocato, la tabaccaia dalle forme giunoniche, i professori di liceo, i fascisti e gli antifascisti, ma soprattutto i giovani del paese, gli amici di gioventù dello stesso regista.
Tra questi è messa in particolare risalto la figura di Titta Biondi (pseudonimo per Luigi "Titta" Benzi, amico d'infanzia di Fellini) e di tutta la sua famiglia: il padre, la madre, il nonno, il fratello e gli zii, di cui uno matto, chiuso in un manicomio. Attraverso tante vicende della sua adolescenza, il giovane inizierà un percorso che lo porterà, pian piano, alla maturità.
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